Associazione Rosso Nove

consumo di suolo ZERO

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La roccia diventa polvere

Artisti
residenza artistica

Lenka Roosendaal è una giovane artista formata alla facoltà d’arti dell’università di Brno. Ci siamo incontrati parlando del futurismo al femminile. Un discorso difficile, visto che lo stile paradossale e carico di proclami del futurismo Italiano mal si adatta alla sensibilità più nordica contemporanea. Come va inteso il “disprezzo della donna” del manifesto marinettiano se non si conosce il clima dannunziano della asfissiante e provinciale fin du siecle nostrana?

Parliamo di Valentine de St. Point, del “come si seducono le donne e tradiscono gli uomini” della tragedia bellica, dell’estetica di Majakovskij. E’ difficile trovare testi del tempo in inglese e non ho il tempo che vorrei ne l’abilità necessaria per tradurle altro. Parliamo dell’essenza. Essenza del “fare arte” del cercare una connessione con il profondo emozionale delle cose. Lenka si era riproposta di contattare persone, incontrarle. Nel sole di Luglio, in riviera, è difficile ma non impossibile, eppure ha già incontrato persone, noi, spostati come e più di lei, intenti a preparare trasformatorio, su in montagna, a pochi chilometri dalle spiagge turistiche prese d’assalto dai villeggianti di Alassio.

Lenka è attratta dal colore della pietra. Sceglie di lavorare su uno spazio negativo, quello della montagna dopo che è stata svuotata dall’uomo meccanico del secolo di ferro e reimmaginata dal secolo dei bit. La cava. La cava che diventerà altro nei rendering degli architetti e nei conti correnti degli speculatori edilii. Bloccata nel mentre, vuota, abbandonata sotto il sole, fatta soltanto di pietre dai mille colori e abrasione ritardata. Polvere.

La cava è un vuoto pieno di assenza.

Eppure a pochi chilometri ci sono le tracce di umani che vissero, non diversi da noi che viviamo, nelle caverne, sulle balze, sui sentieri, che si bagnavano in questi ruscelli, ne bevevano le acque, ne pescavano i pesci. Camminiamo nel bosco. La roccia parla e sussurra sotto i piedi, nelle pareti, nelle caverne ancestrali che portano ancora i simboli di culti notturni. Con Cristina Vignone Lenka non ha risparmiato se stessa e le esperienze di montagna, sia essa percorsa, esplorata all’interno o immaginata dalla sua assenza nelle cave.

Lenka assorbe, raccoglie, frantuma la roccia e ne fa colore. Colore con cui comporre le figure della griglia che ha nel cuore. Macchine annodate bianche e nere, dinamicissime, che ricordano un sogno lucido di Kazimir Malevic, abbandonate dentro uno spazio triturato di colori naturali e tenui, incollati da una geometria in opposizione totale a quella del bianco e nero originario.

Contrasto geometrico e tematico che riflette su un piano nettamente emotivo quanto esplorato da Lenka durante la sua impegnativa e generosa residenza d’artista a Rossonove.

Aspettiamo di vedere molto altro da questa giovane pittrice nel prossimo futuro, ma se voi ora aveste qualcosa da domandare non chiedetelo a lei ma ai suoi potenti e enigmatici quadri.

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