Da ieri la Liguria ha smesso di fingere. Con l’entrata in vigore dell’ASL unica, la sanità regionale non è più una rete di territori, professionalità e responsabilità autonome: è diventata un unico apparato, controllato centralmente, dipendente da una sola catena di comando. La Giunta ha voluto questo accorpamento con una fretta che dice più delle parole. Mentre il cittadino era occupato con la quotidianità, si è compiuto un passaggio politico enorme: le cinque ASL sono evaporate, e al loro posto è rimasta una struttura monolitica che non risponde più ai territori ma solo al palazzo.
Quasi in contemporanea — guarda che tempismo perfetto — è arrivato l’annuncio dei 244 milioni per il nuovo Santa Corona. Una cifra immensa, un progetto colossale, un ospedale che viene presentato come simbolo di modernità, eccellenza, tecnologia, avanguardia.
Eppure, più cresce l’entusiasmo istituzionale, più cresce il sospetto che dietro le parole altisonanti manchi ciò che conta davvero: chi deciderà il futuro di questo enorme investimento? Chi controllerà il cantiere, i contratti, la filiera tecnica, la gestione finale?
Ora che l’ASL unica ha cancellato ogni contrappeso, la risposta è desolante nella sua semplicità: deciderà tutto lo stesso gruppo di potere. Sempre più ristretto, sempre meno controllabile.
Il paradosso è evidente. La Regione parla di “sanità moderna”, ma la modernità non consiste nel costruire un monoblocco nuovo di zecca: consiste nel garantire trasparenza, partecipazione, pluralità di visioni, equilibrio. Invece, mentre si svuotano i vecchi edifici del Santa Corona per costruire il nuovo, si è demolita anche la struttura democratica che un tempo rendeva la sanità ligure almeno un po’ meno permeabile a interferenze, pressioni, appetiti.E appetiti ce ne sono, eccome.
Le vecchie palazzine dell’area Santa Corona libereranno una quantità di cubatura che farebbe gola a chiunque. Cubatura che qualcuno potrebbe voler “trasferire”, magari verso l’ex area del cantiere navale recentemente acquistata da Costim, la stessa Costim che ha legami societari con GKSD Edile, soggetto specializzato nella costruzione — e spesso nella gestione tecnica — di ospedali pubblici e privati.
Una coincidenza? Forse.
Un intreccio da chiarire? Assolutamente sì.
Ma per chiarirlo servirebbe un sistema sanitario con più teste, più voci, più occhi.
Ora, invece, c’è solo un centro decisionale, un solo tavolo, un solo cerchio.
Non è complottismo: è logica istituzionale.
Quando concentri potere, risorse, appalti, urbanistica, sanità e territorio nelle mani di uno stesso gruppo, non devi aspettarti scandali per dire che c’è un problema. Il problema inizia prima degli scandali: inizia quando i cittadini non hanno più strumenti per capire, vigilare, correggere.
La Giunta dice che questa riforma renderà tutto “più efficiente”. È possibile.
Ma la domanda non è se la macchina sarà più rapida. La domanda è chi è alla guida e per andare dove.
Oggi la Liguria rischia di ritrovarsi con un ospedale nuovo e scintillante, incastonato dentro un sistema che scintillante non è affatto: un sistema opaco, verticista, impermeabile, costruito per evitare di dover rispondere a qualcuno.
E quando la trasparenza diventa un optional, la sanità smette di essere un diritto e diventa un affare.
È il momento di pretendere risposte vere. Non slogan, non rendering architettonici, non promesse a buon mercato.
Il collegamento tra l’area Santa Corona e l’ex cantiere c’è già.

E non è teorico: è stato costruito. C’è un dato che molti fingono di non vedere: il legame tra l’area Santa Corona e l’ex area del cantiere navale non è un’ipotesi futura, non è un sospetto, non è un “potrebbe”. È già in corso. I tre sottopassaggi realizzati negli ultimi anni hanno aperto varchi che prima non esistevano, trasformando una zona fisicamente separata in una cittadella urbanistica potenzialmente continua. Non solo: con lo spostamento dei binari si libererà un’altra estensione enorme di territorio, una superficie che oggi non si può usare e che domani diventerà, improvvisamente, edificabile, attraversabile, collegabile.
In altre parole: si sta preparando un grande corpo unico di aree, una dorsale continua che va dall’ospedale fino al mare, passando esattamente là dove oggi si concentra l’interesse immobiliare più rilevante dell’intera Pietra Ligure e di tutto il ponente.
Chi conosce l’urbanistica lo vede immediatamente:
un ospedale nuovo, la demolizione delle palazzine, cubature libere, sottopassaggi freschi di cemento, binari che verranno arretrati, un’area ex industriale acquisita da un gruppo che opera nella sanità e nell’edilizia ospedaliera. È un puzzle che si sta componendo con una precisione chirurgica.
La domanda allora diventa inevitabile:
qual è il progetto reale che sta prendendo forma a Pietra Ligure?
Perché quando le infrastrutture si muovono, quando le strade passano sotto, quando i binari si spostano, quando i vuoti urbani diventano pieni, significa che qualcuno, da qualche parte, un disegno lo ha già tracciato.
E non è un disegno chirurgico o sanitario: è urbanistico.
È economico.
È strategico.
È immobiliare.
E’ dell’alta finanza
Ma ciò che inquieta è che questo disegno si sta tracciando senza alcun dibattito pubblico, senza una visione dichiarata, senza un confronto reale con i cittadini.
Le opere si fanno, i collegamenti si costruiscono, le aree si liberano, e solo alla fin, quando tutto sarà pronto, qualcuno ci dirà che “era inevitabile”.
Questa è la vera opacità: non ciò che si vede, ma ciò che si collega.
Se un giorno Santa Corona e l’ex cantiere navale diventeranno parte di un unico grande ambito di trasformazione, non sarà una sorpresa.
La sorpresa, semmai, è che nessuno lo stia dicendo ad alta voce.
I sottopassaggi, i binari, le aree liberate non sono opere neutre: sono scelte politiche precise, fatte in una fase in cui la Regione ha concentrato su di sé ogni potere possibile, sanitaria e urbanistica.
Il nuovo Santa Corona non sarà dunque solo un ospedale.
Sarà, se nessuno interviene ora, l’innesco di una trasformazione molto più ampia, molto più profonda e molto più lucrosa per qualcuno.
Ed è qui che torna il tema centrale:
quando il potere si concentra e i territori non contano più niente, le decisioni diventano invisibili.
Le strade si costruiscono, le aree si liberano, le cubature si spostano, le mani restano poche.
E il cittadino lo scopre sempre dopo.
Le 10 domande che la Giunta deve rispondere subito
Chi gestirà il nuovo Santa Corona? Pubblico integrale, gestione mista, esternalizzazioni? Serve una dichiarazione scritta, non un’impressione.
Quale società costruirà il nuovo ospedale? È già stato definito un percorso? Ci sono preludi, contatti, accordi quadro, soggetti favoriti?
Le cubature delle palazzine demolite verranno trasferite? E se sì, dove? E con quale finalità?
Esiste un legame, diretto o indiretto, tra la ricostruzione del Santa Corona e l’acquisizione dell’ex area del cantiere navale?
Sono previsti coinvolgimenti di gruppi privati nella progettazione, costruzione o manutenzione del nuovo ospedale?
Quali garanzie ha il territorio di Pietra Ligure ora che non esiste più un’ASL autonoma a difenderlo?
Chi vigilerà sugli appalti e sulle consulenze quando tutte le decisioni passano attraverso un unico vertice?
La Giunta esclude formalmente l’ingresso di operatori privati nella gestione dei reparti o dei servizi? Una frase pubblica, semplice, definitiva.
Perché non è stato avviato un percorso partecipativo reale su un’opera di tale portata?
Chi risponderà politicamente se il progetto deraglia, se i costi lievitano, se i tempi si allungano o se la gestione cambia natura?
Finché queste risposte non arriveranno, il nuovo Santa Corona rimarrà un grande punto interrogativo: un capolavoro architettonico circondato da un sistema di potere che somiglia sempre più a una torre senza finestre.


Qui la registrazione della diretta di domenica 30 novembre 2015 Radio Antidoto con Federico Bonelli e Cristina Vignone

